GIULIO PAOLINI – TEORIA DELLE APPARENZE

By 16 Gennaio 2018 Mostre, Giulio Paolini

GIULIO PAOLINI

TEORIA DELLE APPARENZE
Dal 16 gennaio al 14 aprile 2018

GIULIO PAOLINI

TEORIA DELLE APPARENZE
Dal 16 gennaio al 14 aprile 2018

Testo

Galleria Fumagalli presenta la mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”, una selezione di opere realizzate dal 1969 al 2015. Abbracciando l’intero arco di produzione dell’artista, iscritto in un ambito di ricerca di matrice concettuale, l’esposizione si propone di restituire una visione complessiva dell’operare di Giulio Paolini: dalle tele prospettiche degli anni ’70, alla dimensione teatrale e letteraria degli anni ’80 fino ai più recenti studi sull’identità dell’autore e la sua condizione di spettatore. L’atto di nascita della ricerca di Giulio Paolini risale al Disegno geometrico del 1960, una piccola tela (40×60 cm) sulla quale l’artista riporta la squadratura della superficie. Da questo momento, Giulio Paolini definisce come suo campo d’analisi la struttura base della visione e i metodi dell’operare artistico che, negli anni successivi, lo portano a sviluppare un processo di decodificazione lontano dall’elaborazione di immagini e vicino al segno, alla geometria visiva, alla matematica. Le opere scelte esposte nella mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze” seguono il percorso dell’artista a partire dal 1969 con l’opera Quam raptim ad sublimia, uno stendardo in cotone con la scritta in latino “Quanto prima verso il sublime”. La frase, che Giulio Paolini riprende da un’incisione in caratteri di ottone nel pavimento marmoreo del Museo del Vaticano, evoca i temi dell’ineffabilità e dell’invalicabilità della parola. Come per il linguaggio così per la pittura, l’artista esplora con sguardo retrospettivo i meccanismi e gli elementi costitutivi del manifestarsi: dalle citazioni letterarie all’autocitazione, propone una storicizzazione del proprio lavoro. Le linee e le immagini prospettiche illusorie, di opere come Teoria delle apparenze (1972) ed Equivalenza (1975), sono una proposizione virtuale dello spazio e alludono all’idea del quadro come contenitore potenziale di tutte le opere passate e future. Dalla metà degli anni ’70, temi come la ripetizione, la circolarità dei rimandi e il doppio sono presenti nei lavori di Giulio Paolini. Grazie anche al ricorso di calchi in gesso di statue o particolari architettonici classici, l’artista riflette sulla tradizione come esperibile solo in frammenti.

Rappresentative in questo senso sono L’arte e lo spazio, quattro illustrazioni per uno scritto di Martin Heidegger (1983), un rimando alle “quattro osservazioni” del filosofo tedesco paradigma del pensiero sull’arte in quegli anni, e Grandezza Naturale (1986/87) che si interroga sul significato e il paradosso della nozione di “naturale”. Il collage fotografico Comédie Italienne (1984) è una documentazione del frammento scenico realizzato dall’artista con Carlo Quartucci nel 1983 al Ninfeo del Bramante ispirato al celebre quadro di Jean-Antoine Watteau Embarquement pour Cyhtère. L’opera evoca il mito dell’eterno viaggio dei commedianti italiani e rimanda a un altro aspetto caratteristico del lavoro di Giulio Paolini ovvero la teatralizzazione del lavoro. Anche L’Indifferent (1992) è un riferimento al dipinto di Watteau del 1717, riprodotto in una fotografia a colori (ma mancante di alcune parti ritagliate dall’artista) e incorniciata su un cavalletto di legno. La percezione visiva è messa alla prova e coinvolge attivamente l’osservatore nell’atto di definizione dell’opera. Emblematica è Terra di nessuno (2013/2014), un cavalletto con una tela e quattro frammenti di un disegno prospettico in teca evocano un quadro senza però rivelarlo. In mostra anche Studio per Da lontano (2015), disegno preparatorio dell’intervento di Giulio Paolini per il tempio Barocco del Museo Cappella Sansevero a Napoli, e Studio per Villa dei misteri (2013), composizione di immagini in prospettiva il cui titolo è ispirato alla domus pompeiana. Con la mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”, Galleria Fumagalli rende omaggio a una delle figure artistiche più rappresentative della ricerca italiana d’avanguardia. Attraverso installazione, disegno, collage, calco in gesso e fotografia, dagli anni ’60 a oggi, Giulio Paolini esplora la natura tautologica e metafisica dell’operare artistico mettendo in discussione le sue sovrastrutture di metodo e rigenerando il lavoro in prospettive sempre nuove. «Il mio modo di agire è in rapporto, staffetta continua, tra il quadro prima e quello dopo. Ogni mio quadro in definitiva è la replica del precedente (vorrei dire che nasce già come replica del precedente).» (Giulio Paolini in Dipingere la pittura, intervista di Nico Orengo in Fuoricampo, Torino 1973).

Giulio Paolini è nato a Genova nel 1940, vive e lavora a Torino. Dagli esordi nei primi anni ’60 la sua ricerca analitica afferma l’opera come pura attestazione di se stessa e strumento linguistico specifico dell’ambito artistico. A partire dall’esposizione dei codici materiali del sistema della pittura (come la tela bianca, il foglio, il telaio, etc.) l’interesse di Giulio Paolini è rivolto alla rappresentazione come categoria dell’espressività muovendo un’indagine sull’arte a partire dalla sua storia e come sedimentazione di un sapere da interrogare sempre. Nel corso degli anni ha esposto in prestigiose istituzioni pubbliche internazionali, tra le mostre personali: Center for Italian Modern Art, New York e Museo Poldi Pezzoli, Milano (2016), Macro, Roma (2013), Palazzo delle Esposizioni, Roma (2010), Kunstmuseum, Winterthur e Westfälisches Landesmuseum, Münster (2005), Mart, Rovereto (2004), Fondazione Prada, Milano (2003), CEAAC, Strasburgo e GAM, Torino (2001), Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli, Torino (1999, 1991, 1986), Mamco, Ginevra (1999), Neue Galerie, Graz (1998), Palazzo della Ragione, Padova (1995), Kunstmuseum, Winterthur (1993), Kölnischer Kunstverein, Colonia e Museo di Capodimonte, Napoli (1988), Musée d’art contemporain, Montréal (1985), PAC, Milano e Neuer Berliner Kunstverein, Berlino (1982), Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1981), Stedelijk Museum, Amsterdam e Museum of Modern Art, Oxford (1980), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1978), Museum of Modern Art, New York (1974). Sue opere sono esposte in modo permanente in istituzioni internazionali quali Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli, Torino; Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato; FRAC Bourgogne, Digione; Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma; Mart, Rovereto; MAXXI, Roma; Musée d’art contemporain, Montréal; Musée d’Art Moderne, Brussels; Musée des Beaux-Arts, Nantes; Museo del Novecento, Milano; Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam; Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Vienna; National Gallery of Art, Washington D.C.; Nationalgalerie, Berlino; Museum of Modern Art, San Francisco; Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; Tate, Londra; The Art Institute, Chicago; Walker Art Center, Minneapolis.

Testo

Galleria Fumagalli presenta la mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”, una selezione di opere realizzate dal 1969 al 2015. Abbracciando l’intero arco di produzione dell’artista, iscritto in un ambito di ricerca di matrice concettuale, l’esposizione si propone di restituire una visione complessiva dell’operare di Giulio Paolini: dalle tele prospettiche degli anni ’70, alla dimensione teatrale e letteraria degli anni ’80 fino ai più recenti studi sull’identità dell’autore e la sua condizione di spettatore. L’atto di nascita della ricerca di Giulio Paolini risale al Disegno geometrico del 1960, una piccola tela (40×60 cm) sulla quale l’artista riporta la squadratura della superficie. Da questo momento, Giulio Paolini definisce come suo campo d’analisi la struttura base della visione e i metodi dell’operare artistico che, negli anni successivi, lo portano a sviluppare un processo di decodificazione lontano dall’elaborazione di immagini e vicino al segno, alla geometria visiva, alla matematica. Le opere scelte esposte nella mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze” seguono il percorso dell’artista a partire dal 1969 con l’opera Quam raptim ad sublimia, uno stendardo in cotone con la scritta in latino “Quanto prima verso il sublime”. La frase, che Giulio Paolini riprende da un’incisione in caratteri di ottone nel pavimento marmoreo del Museo del Vaticano, evoca i temi dell’ineffabilità e dell’invalicabilità della parola. Come per il linguaggio così per la pittura, l’artista esplora con sguardo retrospettivo i meccanismi e gli elementi costitutivi del manifestarsi: dalle citazioni letterarie all’autocitazione, propone una storicizzazione del proprio lavoro. Le linee e le immagini prospettiche illusorie, di opere come Teoria delle apparenze (1972) ed Equivalenza (1975), sono una proposizione virtuale dello spazio e alludono all’idea del quadro come contenitore potenziale di tutte le opere passate e future. Dalla metà degli anni ’70, temi come la ripetizione, la circolarità dei rimandi e il doppio sono presenti nei lavori di Giulio Paolini. Grazie anche al ricorso di calchi in gesso di statue o particolari architettonici classici, l’artista riflette sulla tradizione come esperibile solo in frammenti.

Rappresentative in questo senso sono L’arte e lo spazio, quattro illustrazioni per uno scritto di Martin Heidegger (1983), un rimando alle “quattro osservazioni” del filosofo tedesco paradigma del pensiero sull’arte in quegli anni, e Grandezza Naturale (1986/87) che si interroga sul significato e il paradosso della nozione di “naturale”. Il collage fotografico Comédie Italienne (1984) è una documentazione del frammento scenico realizzato dall’artista con Carlo Quartucci nel 1983 al Ninfeo del Bramante ispirato al celebre quadro di Jean-Antoine Watteau Embarquement pour Cyhtère. L’opera evoca il mito dell’eterno viaggio dei commedianti italiani e rimanda a un altro aspetto caratteristico del lavoro di Giulio Paolini ovvero la teatralizzazione del lavoro. Anche L’Indifferent (1992) è un riferimento al dipinto di Watteau del 1717, riprodotto in una fotografia a colori (ma mancante di alcune parti ritagliate dall’artista) e incorniciata su un cavalletto di legno. La percezione visiva è messa alla prova e coinvolge attivamente l’osservatore nell’atto di definizione dell’opera. Emblematica è Terra di nessuno (2013/2014), un cavalletto con una tela e quattro frammenti di un disegno prospettico in teca evocano un quadro senza però rivelarlo. In mostra anche Studio per Da lontano (2015), disegno preparatorio dell’intervento di Giulio Paolini per il tempio Barocco del Museo Cappella Sansevero a Napoli, e Studio per Villa dei misteri (2013), composizione di immagini in prospettiva il cui titolo è ispirato alla domus pompeiana. Con la mostra “Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”, Galleria Fumagalli rende omaggio a una delle figure artistiche più rappresentative della ricerca italiana d’avanguardia. Attraverso installazione, disegno, collage, calco in gesso e fotografia, dagli anni ’60 a oggi, Giulio Paolini esplora la natura tautologica e metafisica dell’operare artistico mettendo in discussione le sue sovrastrutture di metodo e rigenerando il lavoro in prospettive sempre nuove. «Il mio modo di agire è in rapporto, staffetta continua, tra il quadro prima e quello dopo. Ogni mio quadro in definitiva è la replica del precedente (vorrei dire che nasce già come replica del precedente).» (Giulio Paolini in Dipingere la pittura, intervista di Nico Orengo in Fuoricampo, Torino 1973).

Giulio Paolini è nato a Genova nel 1940, vive e lavora a Torino. Dagli esordi nei primi anni ’60 la sua ricerca analitica afferma l’opera come pura attestazione di se stessa e strumento linguistico specifico dell’ambito artistico. A partire dall’esposizione dei codici materiali del sistema della pittura (come la tela bianca, il foglio, il telaio, etc.) l’interesse di Giulio Paolini è rivolto alla rappresentazione come categoria dell’espressività muovendo un’indagine sull’arte a partire dalla sua storia e come sedimentazione di un sapere da interrogare sempre. Nel corso degli anni ha esposto in prestigiose istituzioni pubbliche internazionali, tra le mostre personali: Center for Italian Modern Art, New York e Museo Poldi Pezzoli, Milano (2016), Macro, Roma (2013), Palazzo delle Esposizioni, Roma (2010), Kunstmuseum, Winterthur e Westfälisches Landesmuseum, Münster (2005), Mart, Rovereto (2004), Fondazione Prada, Milano (2003), CEAAC, Strasburgo e GAM, Torino (2001), Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli, Torino (1999, 1991, 1986), Mamco, Ginevra (1999), Neue Galerie, Graz (1998), Palazzo della Ragione, Padova (1995), Kunstmuseum, Winterthur (1993), Kölnischer Kunstverein, Colonia e Museo di Capodimonte, Napoli (1988), Musée d’art contemporain, Montréal (1985), PAC, Milano e Neuer Berliner Kunstverein, Berlino (1982), Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1981), Stedelijk Museum, Amsterdam e Museum of Modern Art, Oxford (1980), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (1978), Museum of Modern Art, New York (1974). Sue opere sono esposte in modo permanente in istituzioni internazionali quali Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli, Torino; Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato; FRAC Bourgogne, Digione; Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea, Roma; Mart, Rovereto; MAXXI, Roma; Musée d’art contemporain, Montréal; Musée d’Art Moderne, Brussels; Musée des Beaux-Arts, Nantes; Museo del Novecento, Milano; Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam; Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig, Vienna; National Gallery of Art, Washington D.C.; Nationalgalerie, Berlino; Museum of Modern Art, San Francisco; Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Stedelijk Museum, Amsterdam; Tate, Londra; The Art Institute, Chicago; Walker Art Center, Minneapolis.

Vedute

Giulio Paolini, Teoria delle apparenze, 2018. Ph Antonio Maniscalco
Giulio Paolini. Teoria delle Apparenze, 2018
Galleria Fumagalli Milano. Ph Antonio Maniscalco
Giulio Paolini, Teoria delle apparenze, 2018. Ph Antonio Maniscalco
Giulio Paolini. Teoria delle Apparenze, 2018
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Giulio Paolini, Teoria delle apparenze, 2018. Ph Antonio Maniscalco
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“Giulio Paolini. Teoria delle apparenze”

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Gennaio 2018
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