SWITCH ON 3
Vito Acconci, Giovanni Anselmo, Lawrence Carroll, Tony Cragg, Hanne Darboven, Giorgio Griffa, Jannis Kounellis, Chiara Lecca, Dennis Oppenheim, Gilberto Zorio
24 febbraio - 1 aprile 2017
SWITCH ON 3
Vito Acconci, Giovanni Anselmo, Lawrence Carroll, Tony Cragg, Hanne Darboven, Giorgio Griffa, Jannis Kounellis, Chiara Lecca, Dennis Oppenheim, Gilberto Zorio
24 febbraio - 1 aprile 2017
Testo
Galleria Fumagalli presenta la mostra collettiva “Switch On 3”, una selezione di opere di Vito Acconci, Giovanni Anselmo, Lawrence Carroll, Tony Cragg, Hanne Darboven, Giorgio Griffa, Jannis Kounellis, Chiara Lecca, Dennis Oppenheim, Gilberto Zorio. L’esposizione si articola seguendo percorsi individuali e complementari, che condividono un approccio concettuale comune, aperto al dislocamento del pensiero. La creazione di sistemi normativi o sensibili che gli artisti coinvolti mettono in atto, porta il corpo a misurarsi con lo spazio e più in generale con l’universo e il posto che l’uomo vi occupa. “Switch On”, letteralmente “accendere”, fa quindi riferimento al principio di un movimento (fisico o concettuale) verso nuove dimensioni d’interpretazione e relazione con la realtà. Scultore, performer e videoartista, nei suoi lavori Vito Acconci si concentra sul corpo nel rapporto con se stesso, gli altri e lo spazio architettonico. In Following Piece (1969), segue uno straniero per le strade di New York fino a quando non entra in uno spazio privato; così facendo, l’artista non “è quasi più se stesso e si mette al servizio di uno schema”. Similmente, Dennis Oppenheim, che sin dagli anni Sessanta sperimenta l’uso di diversi media – scrittura, azione, video, cinema, fotografia, installazione – opera sul funzionamento piuttosto che sulla cosa in sé. Non limitandosi alla mera creazione di oggetti, sviluppa un sistema di segni ambiguo e problematico che costringe l’osservatore a interrogarsi sull’instabilità assoluta dell’universo.
Negli stessi anni Giovanni Anselmo s’impegna in una ricerca tesa a esaltare la presenza potenziale dell’invisibile nel visibile, esponendo la stretta relazione tra finito e infinito. Evento rivelatore per la sua poetica è l’alba del 16 agosto 1965 quando l’artista, dall’alto della cima del vulcano Stromboli, in una singolare combinazione tra ora, spazio, cielo e sole nascente, nota d’esser privo della sua ombra. Senza titolo. Teoria dell’Ombra (1973) fa riferimento all’amplificarsi della ricerca dell’artista stimolato dalla ricordata esperienza vissuta sul vulcano e al voler rendere manifeste, nel tempo e nello spazio, le forze in divenire che gli elementi producono incontrandosi. Anche Jannis Kounellis fornisce all’opera d’arte un’ampiezza infinita iniziando un nuovo processo di fruizione in grado di coinvolgere lo spettatore. L’immagine diventa così interazione spaziale tra gli oggetti per la creazione di una visione non distante ma inglobante l’osservatore. Gilberto Zorio segue una ricerca di comunione fra le regole compositive – azzerate a un livello quasi primordiale di forma e pura energia – e gli elementi costitutivi sottoposti alle leggi esoteriche. Da ciò emerge un’arte che lascia il disordine per mostrare la sua magica armonia simbolica alchemica. Giorgio Griffa propone una pittura meditata di segni e colore, disposta con gesti raffinati che lasciano tracce essenziali sulla tela. Rifiutando il telaio, il colore diventa tramite diretto dell’azione e traccia effettiva del pensiero, suggerendo un’idea di movimento che attraverso la pittura raggiunge lo spazio che diventa così finito, non finito e infinito.
Anche la ricerca di Lawrence Carroll si concentra sulla sperimentazione delle diverse possibilità di porsi nello spazio, usando telai dipinti, e contenenti oggetti, come volumi che interagiscono con l’ambiente. Questi assemblaggi creano veri e propri corpi da osservare da più punti di vista, in una prospettiva di tridimensionalità. Tony Cragg si spinge invece alla ricerca di nuove relazioni tra gli esseri umani e la materia, senza porre limiti agli elementi che usa perché non ci sono limiti nell’idea e nella forma da realizzare. Spill (1988) testimonia l’interesse dell’artista per il tema della dimora, emblema del modo in cui l’uomo modifica ed è in rapporto con l’ambiente. La ricerca artistica di Hanne Darboven è una sorta di “letteratura matematica”, nella quale progressioni di valori scritte a mano rendono manifesto lo scorrere del tempo nello spazio. Questo è il caso, per esempio, della serie The Sundial/The Moonlight nella quale ciascun foglio fa riferimento ai primi due mesi dell’anno bisestile 1976. Il fatto che sia stato aggiunto un giorno in più al calendario per far coincidere il tempo umano con quello naturale, diventa preoccupazione centrale per l’artista in questo lavoro. Anche per Chiara Lecca è fondamentale il rapporto tra uomo e natura, la sua ricerca infatti vuole mostrare la frattura operata dalla società contemporanea e la contraddittorietà nella rimozione della parte umana più istintiva e selvaggia a vantaggio di quella razionale.
Testo
Galleria Fumagalli presenta la mostra collettiva “Switch On 3”, una selezione di opere di Vito Acconci, Giovanni Anselmo, Lawrence Carroll, Tony Cragg, Hanne Darboven, Giorgio Griffa, Jannis Kounellis, Chiara Lecca, Dennis Oppenheim, Gilberto Zorio. L’esposizione si articola seguendo percorsi individuali e complementari, che condividono un approccio concettuale comune, aperto al dislocamento del pensiero. La creazione di sistemi normativi o sensibili che gli artisti coinvolti mettono in atto, porta il corpo a misurarsi con lo spazio e più in generale con l’universo e il posto che l’uomo vi occupa. “Switch On”, letteralmente “accendere”, fa quindi riferimento al principio di un movimento (fisico o concettuale) verso nuove dimensioni d’interpretazione e relazione con la realtà. Scultore, performer e videoartista, nei suoi lavori Vito Acconci si concentra sul corpo nel rapporto con se stesso, gli altri e lo spazio architettonico. In Following Piece (1969), segue uno straniero per le strade di New York fino a quando non entra in uno spazio privato; così facendo, l’artista non “è quasi più se stesso e si mette al servizio di uno schema”. Similmente, Dennis Oppenheim, che sin dagli anni Sessanta sperimenta l’uso di diversi media – scrittura, azione, video, cinema, fotografia, installazione – opera sul funzionamento piuttosto che sulla cosa in sé. Non limitandosi alla mera creazione di oggetti, sviluppa un sistema di segni ambiguo e problematico che costringe l’osservatore a interrogarsi sull’instabilità assoluta dell’universo.
Negli stessi anni Giovanni Anselmo s’impegna in una ricerca tesa a esaltare la presenza potenziale dell’invisibile nel visibile, esponendo la stretta relazione tra finito e infinito. Evento rivelatore per la sua poetica è l’alba del 16 agosto 1965 quando l’artista, dall’alto della cima del vulcano Stromboli, in una singolare combinazione tra ora, spazio, cielo e sole nascente, nota d’esser privo della sua ombra. Senza titolo. Teoria dell’Ombra (1973) fa riferimento all’amplificarsi della ricerca dell’artista stimolato dalla ricordata esperienza vissuta sul vulcano e al voler rendere manifeste, nel tempo e nello spazio, le forze in divenire che gli elementi producono incontrandosi. Anche Jannis Kounellis fornisce all’opera d’arte un’ampiezza infinita iniziando un nuovo processo di fruizione in grado di coinvolgere lo spettatore. L’immagine diventa così interazione spaziale tra gli oggetti per la creazione di una visione non distante ma inglobante l’osservatore. Gilberto Zorio segue una ricerca di comunione fra le regole compositive – azzerate a un livello quasi primordiale di forma e pura energia – e gli elementi costitutivi sottoposti alle leggi esoteriche. Da ciò emerge un’arte che lascia il disordine per mostrare la sua magica armonia simbolica alchemica. Giorgio Griffa propone una pittura meditata di segni e colore, disposta con gesti raffinati che lasciano tracce essenziali sulla tela. Rifiutando il telaio, il colore diventa tramite diretto dell’azione e traccia effettiva del pensiero, suggerendo un’idea di movimento che attraverso la pittura raggiunge lo spazio che diventa così finito, non finito e infinito.
Anche la ricerca di Lawrence Carroll si concentra sulla sperimentazione delle diverse possibilità di porsi nello spazio, usando telai dipinti, e contenenti oggetti, come volumi che interagiscono con l’ambiente. Questi assemblaggi creano veri e propri corpi da osservare da più punti di vista, in una prospettiva di tridimensionalità. Tony Cragg si spinge invece alla ricerca di nuove relazioni tra gli esseri umani e la materia, senza porre limiti agli elementi che usa perché non ci sono limiti nell’idea e nella forma da realizzare. Spill (1988) testimonia l’interesse dell’artista per il tema della dimora, emblema del modo in cui l’uomo modifica ed è in rapporto con l’ambiente. La ricerca artistica di Hanne Darboven è una sorta di “letteratura matematica”, nella quale progressioni di valori scritte a mano rendono manifesto lo scorrere del tempo nello spazio. Questo è il caso, per esempio, della serie The Sundial/The Moonlight nella quale ciascun foglio fa riferimento ai primi due mesi dell’anno bisestile 1976. Il fatto che sia stato aggiunto un giorno in più al calendario per far coincidere il tempo umano con quello naturale, diventa preoccupazione centrale per l’artista in questo lavoro. Anche per Chiara Lecca è fondamentale il rapporto tra uomo e natura, la sua ricerca infatti vuole mostrare la frattura operata dalla società contemporanea e la contraddittorietà nella rimozione della parte umana più istintiva e selvaggia a vantaggio di quella razionale.
Vedute
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